come affrontare il lutto

Sono molti gli autori che si sono occupati di come l’individuo reagisce al lutto e, in particolare, S. Freud considera che, da un punto di vista relazionale, il lutto è l’esperienza più traumatica nella vita di un essere umano. Infatti la perdita di una persona cara rappresenta la perdita dell’oggetto amato, che il bambino teme sin dalla prima infanzia, per la paura di restare solo.

Proprio in virtù del fatto che la paura dell’abbandono è un’emozione così fortemente radicata nei rapporti d’amore, le conseguenze del lutto per l’individuo si ripercuotono su tutte le relazioni affettive attuali e future. Se un figlio o una figlia vivono il lutto di un genitore, a qualsiasi età ciò avvenga, devono attraversare il dolore per aver perso l’oggetto d’amore, e ciò non significa solo che non potranno più essere amati dalla madre o dal padre, ma perderanno anche la possibilità di amarli.

E, dato che il nutrimento affettivo viene meno, chi vive un lutto dovrà investire le proprie energie in maniera diversa per ottenere soddisfacimento emotivo. Chi perde un genitore può, per esempio, amare un figlio, un partner oppure espandere il proprio amore mettendosi a disposizione della società. Questo è il motivo per cui molte persone, soprattutto in seguito all’accudimento di un genitore per malattia, dopo la sua morte, si dedicano al volontariato. 

In questo senso la perdita, secondo Freud, è la liberazione dell’energia vitale che veniva impiegata nell’amare l’altra persona e che, non potendo più essere investita per lo stesso scopo, deve essere recuperata e “sublimata” in qualunque altra forma di affetto che permetta all’individuo di continuare a dare il suo amore.

Naturalmente con il termine genitore mi riferisco anche ad altre figure che nella vita di una persona possono aver rappresentato per lei un punto di riferimento: un parente con il quale è cresciuta o un amico che le ha fatto da guida.

In questo articolo tratterò le fasi del lutto secondo Freud e secondo Kubler-Ross.

Le 3 fasi del lutto di Freud

Diniego

Il diniego è un meccanismo di difesa inconscio con il quale la persona si protegge dal dolore, dalla rabbia e dai sensi di colpa generati da un evento traumatico difficile da accettare, che altrimenti non sarebbe possibile sostenere emotivamente. Secondo Freud esso serve a rifiutare il vissuto che deriva da un’esperienza spiacevole per negare la realtà. Nella prima fase di elaborazione del lutto la reazione di rifiuto della realtà è praticamente automatica, nonché salvifica, in quanto consente alla persona di sostenere l’ondata di dolore da cui sarebbe travolta; quindi, è come se in un primo momento l’individuo sentisse l’esigenza di tutelarsi per affrontare gradualmente il dolore nel tempo che gli è più congeniale. L’impatto con il vissuto luttuoso nella fase iniziale è scioccante; perciò, l’individuo si trova in uno stato confusionale durante il quale vive alcuni momenti in cui ricorda ciò che è accaduto e altri momenti in cui gli sembra impossibile che la persona amata non ci sia più ed è costretta a rielaborare i dati di realtà. Questo vissuto naturalmente si riflette in un’analoga alternanza di stati d’animo dai quali ci si sente sopraffatti: angoscia, sollievo, dolore, malinconia, ansia, tristezza.

Accettazione

Dal momento in cui si inizia a vivere la vita quotidiana senza la persona amata si è quasi obbligati ad accettare il cambiamento nel senso che, se si vuole sopravvivere al lutto, ci si deve abituare alla sua assenza, portare avanti i propri progetti di vita e riprendere tutte le attività quotidiane che magari erano state temporaneamente abbandonate. Accettare vuol dire ridefinire l’esistenza in base ad un nuovo assetto di vita adattandosi alla mancanza del proprio caro. Se ciò non avviene è come se l’ingranaggio di un orologio si inceppasse.

Per evitare di cadere in uno stato di angoscia permanente, sarebbe opportuno richiedere l’aiuto di uno psicologo/a.

 

Distacco

Il termine distacco potrebbe incutere un certo timore ed essere interpretato come una presa di distanza definitiva dalla persona che non c’è più, generando sensi di colpa per il fatto di averla dimenticata e continuare a vivere mentre questa è morta. Per distacco, invece, si intende la capacità di reinvestire le proprie energie in altre relazioni affettive, in azioni che diano piacere e in obiettivi, sia a lungo che a breve termine, che diano soddisfazione. In questo modo il ricordo di chi è morto viene mantenuto con la percezione che la perdita sia soltanto fisica, come in effetti è, senza avere la sensazione di aver perso né l’amore, né gli insegnamenti ricevuti dalla persona amata. 

Le 5 Fasi del Lutto di Kubler-Ross 

Negazione: “È successo davvero?”

Questa fase, come già detto, riguarda il primo impatto con la realtà dopo il lutto, ovvero il modo in cui si reagisce nei primi giorni e mesi successivi all’accaduto. È come se la mente si rifiutasse di credere a quello che è successo e dato che non riesce a dare una spiegazione plausibile all’evento hai bisogno di verificare se le cose siano andate realmente così. Se si potesse dare voce al proprio dialogo interno, la domanda più ricorrente sarebbe: “Possibile che questa persona sia davvero morta?”. Mentre ci si pone questa domanda la sensazione è simile a quella che si prova al risveglio da un brutto sogno, salvo poi rendersi conto che non lo era. La domanda immediatamente successiva in genere è: “Come posso vivere senza di lei/lui?”. La negazione è necessaria all’adattamento e all’accettazione graduale della realtà, ma è anche la fase più impegnativa da attraversare, durante la quale si può incorrere nell’isolamento e nella depressione

Se si dovesse ravvisare uno stato di inerzia nell’affrontare gli impegni quotidiani e si dovesse smettere di dedicarsi alle consuete attività giornaliere per lungo tempo, potrebbe essere necessario l’aiuto di uno psicologo/a perché vorrebbe dire che è subentrato un blocco in questa fase.

Rabbia: “Non è giusto”

Quando si sperimenta una perdita significativa, è fisiologico essere arrabbiati per ciò che è accaduto, che viene vissuto come un’ingiustizia subita per non averlo potuto evitare. Proprio per questo è possibile che insorgano anche sensi di colpa e di rimuginio costanti rispetto al fatto di non aver fatto abbastanza per salvare la persona amata, sebbene con il tempo debba subentrare la consapevolezza che la morte è inevitabile. 

Qualora si resti arrabbiati senza prendere atto dell’ineluttabilità degli eventi e non ci si riesca a liberare dai sensi di colpa, bisogna prendere in considerazione l’idea di intraprendere un percorso terapeutico per farsi aiutare. 

La rabbia è:

  • per il fatto di essere stati abbandonati; 
  • per il senso di vuoto che si prova; 
  • per l’impossibilità di condividere il tempo con la persona amata;
  • per non poter più parlare, ascoltare, abbracciare quella persona;
  • per il dolore che si prova.

Contrattazione: “Posso farcela”

Questa fase dovrebbe servire a liberarsi dall’impotenza e ritrovare il senso della realtà, credendo di avere il controllo su di essa e facendo affidamento sulle proprie capacità di gestire il dolore. Per fare questo bisogna contrattare con sé stessi e vincere il conflitto per il quale da una parte si crede di non poter mai superare il dolore e dall’altra si crede di farcela, seppure con difficoltà. Si tratta di ritrovare la speranza nel futuro e risolvere il conflitto tra la parte impaurita e vulnerabile e quella forte e coraggiosa di sé.

Depressione: “Purtroppo è successo. È andata così e posso superarlo”

Per quanto possa sembrare paradossale, deprimersi è funzionale al passaggio finale perché finalmente la persona può accettare il proprio dolore e arrendersi alle sue emozioni, smettendo di essere arrabbiata per ciò che è capitato. A questo punto subentra una sorta di rassegnazione, che con il tempo deve trasformarsi in una accezione più piena dell’accaduto. Ciò avviene grazie alla comprensione del fatto che affrontare una perdita significativa è un’esperienza che presto o tardi ognuno è destinato a vivere nella sua vita e che si può sopravvivere anche a un dolore tanto profondo. Come esseri umani, infatti, siamo naturalmente predisposti a superare un trauma, sebbene questo comporti uno stress eccessivo per l’organismo. 

A questo punto sarebbe fondamentale rivolgersi a un professionista esperto e competente, in quanto il processo di elaborazione potrebbe risultare più veloce e meno sofferto.

Accettazione: “Ti porterò sempre nel cuore”

Alla fine, se tutte le fasi sono state affrontate senza blocchi e in maniera piuttosto lineare, la persona può finalmente fare un salto con la mente a ciò che la può sollevare dalla disperazione: rendersi conto che è in grado di proseguire l’esistenza anche senza l’amato, che può essere ugualmente felice e che ha diritto di riprendere a vivere in maniera serena. Il ricordo diventa fondamentale nel momento in cui ci si accorge che la memoria della persona non va persa, ma che anzi ci accompagna ogni volta che si sente il bisogno di essere incoraggiati a fare qualcosa, di essere approvati, di ricevere un consiglio da chi non c’è più. Solo così si può continuare  a condividere ogni giorno la propria vita con chi è morto, anche se non è più fisicamente presente.     

Come affrontare il dolore di una perdita

Dato che ognuno di questi passaggi è funzionale al superamento del lutto ma, attraversando queste fasi, la persona potrebbe incorrere in un blocco e non riuscire ad andare avanti, è bene gestire tutte le fasi nel modo adeguato. 

Per affrontare il lutto nel modo migliore è spesso indispensabile l’aiuto di un terapeuta, affinché il processo di elaborazione segua il suo flusso naturale.

La terapia aiuta a:

  • Recuperare l’accesso ai ricordi positivi.
  • Riparare il rapporto di attaccamento con la persona che è morta, qualora esso sia stato conflittuale. L’elaborazione del lutto, infatti, è facilitata dal fatto che la relazione era sana. 
  • Elaborare il trauma relativo alla morte e al modo in cui si è verificata: il lutto può essere stato improvviso, come per esempio nel caso di un incidente, o preannunciato da una malattia. 
  • Razionalizzare i pensieri negativi sul futuro.

Tra le varie modalità di gestione delle emozioni negative relative al lutto nel mio approccio terapeutico il dolore si può concretamente manifestare e superare immaginando di instaurare un dialogo con la persona che non c’è più; in questo modo le si può restituire un posto dove stare e collocarla in uno spazio, quello della fantasia, ove è sempre possibile recuperarne la memoria ed esprimere ciò che non le si è detto mentre era in vita o le si vorrebbe ancora dire. 

Inoltre con l’E.M.D.R. (Desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari) si può fare un ottimo lavoro per ristabilire una connessione con le informazioni, dette memorie traumatiche, che sono state negate, perché difficili da accettare. I movimenti oculari stimolano nella mente del paziente la presa di coscienza degli eventi accaduti, perché consentono di ripercorrere e di rivivere  l’avvenimento traumatico nel presente, per poi acquisire il giusto distacco dalle emozioni provate nel passato. Così il paziente si può liberare dagli stati di angoscia e di dolore profondi che hanno accompagnato il ricordo fino a quel momento. 

Contattare uno Psicologo esperto in EMDR è consigliabile per poter iniziare il processo di guarigione.

Anche il lavoro con le parti di sé può essere molto utile nell’elaborazione del lutto: in genere c’è una parte che tende ad arrendersi alla tristezza e alla depressione e che non ha fiducia nel fatto che si possa essere di nuovo felici, che pertanto deve essere rassicurata e incoraggiata; e un’altra che invece è più speranzosa, che va sviluppata come risorsa e alimentata come stimolo ad andare avanti con la realizzazione dei propri obiettivi.

Ciò che conta maggiormente nella terapia del lutto è evitare impedimenti che potrebbero ostacolare un completamento efficace del processo di elaborazione e l’obiettivo è quello di lenire e trasformare il dolore in modo che i ricordi positivi prendano il posto di quelli traumatici e il paziente riesca a vivere un rapporto sereno con la memoria della persona car

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