Cos’è un conflitto? Quando si verifica?
Giornalmente ci si prospettano possibilità di fronte alle quali siamo in dubbio sulla decisione da prendere: da quale vestito indossare a quale attività cominciare, dal comportamento da tenere con il proprio capo all’essere accondiscendenti o irremovibili sulla propria posizione in un confronto, fino a considerare situazioni più difficili come la scelta del partner, il luogo dove abitare, la carriera da intraprendere. In sostanza ogni volta che ci troviamo davanti a scelte diverse siamo in conflitto e ci chiediamo come risolvere un problema.
In genere siamo in grado di affrontare molti dei conflitti in cui incappiamo sul momento, tuttavia ce ne sono altrettanti che abbiamo difficoltà a gestire e che siamo impossibilitati a risolvere nell’immediato. Per questo occorre imparare a padroneggiarli adeguatamente fino a sviluppare una vera e propria competenza nel destreggiarsi tra i bisogni in contrasto.
Che cos’è la frustrazione
Ogni conflitto è legato ad una frustrazione. Ci sentiamo frustrati quando abbiamo un bisogno specificamente orientato ad uno scopo che non viene appagato e la sua persistenza provoca insoddisfazione. Pertanto ci sentiamo avviliti, delusi e inquieti.
La prima fonte di soddisfazione e frustrazione dei nostri bisogni è rappresentata dal genitore. Il modo in cui il genitore si è preso cura delle nostre esigenze, determina un modellamento progressivo degli stili di reazione che da adulti adotteremo per gestire i conflitti.
A seconda che il genitore elargisca frustrazioni in modo eccessivo o troppo limitato, può accadere rispettivamente che l’individuo tenda a reprimere la spontaneità e si impedisca di ottenere liberamente ciò che vuole con un atteggiamento punitivo; o che sia portato a considerare l’ottenimento dei propri bisogni come una pretesa, adottando un atteggiamento egocentrico e narcisista. Dunque, sulla base di come si è stati abituati a fronteggiare gli ostacoli che venivano frapposti all’ottenimento dei propri bisogni, si sono consolidati i modi di reagire propri dell’adulto.
Numerose ricerche hanno riscontrato che le frustrazioni provenienti dall’ambiente fisico sono meglio tollerate, in quanto prive di intenzionalità o significato personale. Quelle derivanti dall’ambiente sociale lo sono in misura maggiore, mentre quelle in ambito familiare vengono accettate più difficilmente. Mentre cause di insoddisfazione più strettamente personali sono le meno tollerate, perché associate al grado di fatica impiegato personalmente per ottenere dei successi. In questo caso la frustrazione mette a dura prova l’autostima e ferisce il narcisismo, creando un notevole senso di colpa per l’eventuale fallimento, perché vengono frustrati proprio i bisogni di affermazione e valorizzazione di sé.
La frustrazione insorge come conseguenza della coesistenza di due bisogni altrettanto fondamentali per l’individuo, quali per esempio il bisogno di protezione e di autonomia tipici dell’adolescente. Oppure può essere provocata quando si è in presenza di due tendenze inconciliabili, perché la loro incompatibilità genera un conflitto, che costringe a sacrificarne dolorosamente una per raggiungere il soddisfacimento dell’altra. La maggior parte delle volte non riusciamo a decidere perché non vogliamo rinunciare all’una o all’altra opzione, in quanto si prospettano ugualmente allettanti e rischiamo di restare in conflitto anche per anni. Il problema è che di fronte al perdurare del conflitto permangono anche le sensazioni negative di confusione e di disorientamento che possono provocare un blocco, originando uno stato di angoscia.
Infatti, una tendenza, intesa come l’agire specificamente orientato ad una meta, se impedita o interrotta, continua a cercare vie di scarico e l’individuo necessita di portare a termine l’azione intrapresa, qualunque possa essere il suo esito. Finché le risorse mobilitate dall’individuo non trovano un riscontro effettivo rispetto al fine per il quale sono state impiegate, l’organismo resta in uno stato di tensione perenne che, malgrado tenti di mettere da parte, si ripresenta incessantemente. Pertanto, ogni volta che si presenta un’occasione funzionale all’esaudimento di quel desiderio, quello specifico bisogno resta in primo piano e attira tutta la nostra attenzione finché non è soddisfatto. Una volta appagato, il bisogno, che ha disturbato l’equilibrio, torna sullo sfondo, lasciando spazio ad altri istinti che prenderanno il sopravvento.
I vari tipi di conflitto e le rispettive soluzioni
Secondo Kurt Lewin (1890-1947) il conflitto è una situazione in cui forze di valore approssimativamente uguale, ma incompatibili fra loro, agiscono simultaneamente sull’individuo. La coesistenza di tendenze improntate verso due forme di comportamento diverse, ma ugualmente valide per l’individuo, non può determinarne il soddisfacimento contemporaneo, perciò la scelta a favore di una comporta inevitabilmente la negazione, almeno temporanea, dell’altra.
Conflitto tra due situazioni ugualmente allettanti (++). Cosa Fare?
Nel conflitto tra due tendenze di forza positiva e uguale – appetitive o attrattive -, l’individuo è sotto l’effetto di due forze ugualmente attraenti dirette in senso contrario, come nel caso dell’adolescente per il quale sono attraenti sia la sicurezza offertagli dalla famiglia che le rivendicazioni di autonomia da essa, in cui non può che raggiungere una delle due. Tuttavia, una volta che si è scelta una delle due soluzioni e si è raggiunto il fine desiderato, può accadere che l’altra diventi più forte ed attraente, oppure venga svalutata negandola e abbandonandola definitivamente per difendersi dal possibile ritorno della situazione conflittuale.
Conflitto tra una situazione attraente e una respingente (+-). Cosa fare?
Nel conflitto in questione le situazioni presentate sono costituite sia da caratteristiche attraenti che respingenti, per cui l’individuo è come sospeso tra tendenze di avvicinamento – appetitiva – e allontanamento – avversativa -, come quando l’adolescente cerca e al tempo stesso evita la guida dei genitori. La scelta è di trovare un compromesso per il quale il soddisfacimento del desiderio viene ottenuto a condizione di fare uno sforzo considerevole, che comporta il rischio di rimanere penalizzati.
Conflitto tra due situazioni sgradite (–). Cosa fare?
Il conflitto in cui ci si trova di fronte a due situazioni spiacevoli si manifesta in modo caratteristico sin dalla prima infanzia, quando le regole e i compiti, già spiacevoli di per sé, vengono imposti con la minaccia delle punizioni da parte dei genitori. Generalmente questo conflitto viene risolto con la scelta del male minore o con la ritirata, per cui si abbandonano entrambe le possibilità.
La risposta ai diversi tipi di conflitto varia sia in rapporto alle precedenti esperienze che influenzano lo stile di reazione, che all’importanza che viene soggettivamente attribuita agli obiettivi in contrasto.
Possono sussistere anche situazioni conflittuali di motivazione, per cui da un lato ci si ritrova ad avere una motivazione per avvicinarsi e dall’altro una per allontanarsi dalla stessa meta. Perciò, se una persona ha collezionato una serie di insuccessi è molto probabile che sarà propensa alla rinuncia, in quanto ha interiorizzato un tipo di soluzione al conflitto che lo ha portato a reiterare in una serie di esiti negativi. Quello che viene memorizzato è lo scarso successo in virtù di una strategia fallimentare, a seguito della quale si pensa che non vale più la pena procedere per altri tentativi.
Conflitti di ruolo. Come gestirli?
In ultimo, il contrasto può nascere anche da modelli di comportamento giudicati contraddittori, impossibili da attuare simultaneamente, come nel caso in cui una persona lavora per il proprio capo, con il quale ha anche una relazione affettiva. L’individuo dunque, si ritrova ad occupare al contempo due posizioni diverse (quella di partner e quella di dipendente), che richiedono di assumere atteggiamenti altrettanto differenti generando un conflitto – detto di ruolo -. Questo tipo di conflitti sono tra i più difficili da gestire e si risolvono con la messa in atto di meccanismi di difesa che consentono di evitare l’angoscia di sentirsi lacerati da due possibilità incompatibili, quali:
- la separazione, che consiste nello scindere i ruoli in conflitto nello spazio e nel tempo distaccandosi interiormente da uno dei due, pur attuandoli entrambe nella realtà. Per poterlo fare bisogna riconoscere come proprio solo quello accettabile e rifiutare l’altro;
- l’evitamento della sovrapposizione dei ruoli attivando ogni singolo ruolo in momenti successivi;
- la rimozione totale e definitiva del ruolo che sembra essere meno importante;
- il compromesso, che consiste nel rimandare l’azione e attendere che uno dei due ruoli, a seconda di quanto risponde alle proprie esigenze, venga meno, lasciando che l’altro abbia la meglio;
- l’abbandono temporaneo di uno a favore dell’altro, cui dare la priorità.
A causa del mancato riconoscimento del conflitto stesso, l’individuo può ricorrere anche a delle strategie di minimizzazione di esso, considerando solo gli elementi a sostegno e conforto della scelta che reputa più vantaggiosa e ignorando quelli che non sono a favore dell’opinione più convincente, così da far concordare le cognizioni dissonanti che si presentano simultaneamente.
Come risolvere i conflitti?
Quando lo stato di tensione e il bisogno persistono senza trovare soddisfazione, si può intensificare lo sforzo per superare l’ostacolo oppure riorganizzare le strategie di raggiungimento dell’obiettivo, impiegando i mezzi in modo diverso o sfruttandone di nuovi per l’abbandono di quelli già sperimentati. Tuttavia, come spesso accade, l’essere umano ha difficoltà a trovare delle soluzioni alternative perché è portato a intraprendere sempre le stesse strategie. Inoltre non è pronto a cambiare o peggio, si abbatte di fronte agli ostacoli e dopo aver fatto qualche tentativo senza avere ottenuto i risultati sperati, rinuncia. Quando l’adozione degli stessi metodi continua a dare un esito sfavorevole, significa che questi si sono rivelati inadeguati, perciò l’unica cosa da fare è modificare il fine sostituendolo con un altro.
Il nuovo obiettivo deve possibilmente essere analogo a quello impedito, perché quanto più è simile, tanto più ha migliori probabilità di riuscita.
Però a questo punto la possibilità dell’abbandono del fine anelato fa insorgere un ulteriore conflitto, che per essere risolto necessita di scendere a dei compromessi con se stessi e a rispettare quanto pattuito tra le parti in contrasto. In questo caso da una parte ci sarà l’esigenza di cambiare obiettivo e accontentarsi di qualcosa di nuovo e di insperato, e dall’altra la volontà, ancora forte, di insistere sul perseguimento dell’obiettivo prefissato.
Alcune persone hanno una straordinaria capacità di mollare e dunque dirigere la propria attenzione su un altro obiettivo senza per questo avere dei ripensamenti, mentre altre non sono in grado di reggere la frustrazione e orientarsi su una meta diversa.
Talvolta infatti può capitare di abbandonare l’obiettivo rendendolo meno allettante e di nascondere a se stessi i veri motivi dell’insuccesso, oppure di compensare il soddisfacimento con un obiettivo di cui non si è davvero convinti. Queste reazioni non permettono di raggiungere un equilibrio, perché di solito vengono vissute come fallimenti e sono associate a forti stati di ansia, timori e sensi di colpa per la propria incapacità di riuscita.
In questo senso la Psicoterapia della Gestalt può fornire un valido aiuto per risolvere i conflitti che ci attanagliano e che spesso prendono il sopravvento facendoci perdere la lucidità e la cognizione di ciò che è meglio fare per il nostro benessere.
Questo tipo di approccio consente di far dialogare le nostre parti in conflitto, che si manifestano sotto forma di voci interiori, facendole esprimere secondo i desideri di ciascuna. Tuttavia, proprio perché ci sarà sempre una parte più convincente dell’altra e le richieste avanzate potrebbero essere entrambe valide per la persona, sarà difficile trovare un compromesso che permetta di uscire dal conflitto senza lasciarla insoddisfatta. Per questo bisogna essere disposti a rispettare quanto pattuito con se stessi.
In quest’ottica diventa necessario sviluppare delle abilità a sopportare e gestire la frustrazione in modo opportuno, in quanto talvolta accade che la rinuncia dell’obiettivo originario per uno meno esaltante sia inevitabile e potrebbe essere difficile adattarsi alla nuova condizione senza che questa procuri uno stato di malessere.