3 modi di reagire alla pandemia

La nostra quotidianità è stata sconvolta dal sopravvenire di un evento chiamato pandemia, che probabilmente associavamo a quei film catastrofici dove un virus sconosciuto si impadroniva del pianeta e che non avremmo mai immaginato diventasse realtà.

Quello che abbiamo vissuto come prima diretta conseguenza della pandemia, è stato uno shock, esattamente come quando apprendete una brutta notizia, rimanete sorpresi per il verificarsi di un evento inaspettato, vi sentite privi di capacità a reagire, come bloccati. Una condizione simile provoca uno scompenso dell’equilibrio vitale nell’individuo, a causa del quale si perdono i punti di riferimento cui si era soliti appoggiarsi e diventa sempre più insostenibile abituarsi ad una nuova forma di vita che non è alla propria portata.
Il termine pandemia fa pensare necessariamente all’espansione di qualcosa di negativo che coinvolge l’intera umanità e dunque tutti ci sentiamo automaticamente coinvolti e chiamati in causa in prima persona. È un termine che fa presagire un evento inatteso e ingestibile, più grande di noi, che inevitabilmente provoca ansia, panico, senso di smarrimento e incapacità di fronteggiare l’evento con le nostre sole possibilità.
Queste sensazioni sono alcuni degli effetti della paura, di fronte alla quale abbiamo tre modi di reagire: possiamo bloccarci, attivarci o scappare.

Quello che scegliamo di fare determina il conseguente modo di comportarsi per far fronte a una situazione di emergenza come quella di una pandemia.

Se ci blocchiamo, congeliamo il nostro stato emotivo di paura, perché troppo duro da sostenere, pertanto restiamo in una sorta di limbo, in attesa che accada qualcosa subendo passivamente la realtà dei fatti. Questo si traduce concretamente nell’essere un po’ depressi, che equivale ad affrontare la giornata pigramente dormendo fino a tardi, restando inermi davanti ai social o alla tv, limitando i propri rapporti, riducendo l’attività fisica, pensando che tutto quello che si voglia fare sia inutile. Si tratta di un atteggiamento rinunciatario per il quale si è portati a credere che la situazione non migliorerà, che forse ci ammaleremo, che perderemo il lavoro o chi ci sta vicino. La diretta conseguenza, soprattutto per chi ha la tendenza a deprimersi, è che la situazione di lockdown, e ancor peggio la fase successiva, vengono affrontate con un generale pessimismo.

Chi si attiva in maniera costruttiva, ha la capacità di trasformare questo momento in un’occasione per fare qualcosa che magari non aveva mai fatto prima, che aveva rimandato da tempo o della quale non aveva modo di occuparsi. Un esempio può essere quello dell’imprenditore dell’azienda tessile che inizia a produrre mascherine, e in forma più limitata, potremmo pensare semplicemente a chi impiega le ore della giornata a fare attività sportiva, a leggere, a lavorare per la realizzazione di un progetto futuro, immaginando di poter cambiare qualcosa delle sue vecchie abitudini e crearne delle nuove, come quella di dedicare più tempo ai figli o coltivare un rapporto più intimo con il proprio partner, con gli amici o i familiari.

In ultimo c’è un modo più estremo di reagire, che equivale a scappare dalla realtà, legato alla negazione della realtà stessa, in virtù della quale si continua a fare quello che si faceva di solito, ignorando le normative, le attenzioni e la cautela da usare per evitare il contagio del virus, opponendosi all’idea di conformarsi al nuovo modo di vivere imposto dalle condizioni che la pandemia comporta, con un atteggiamento quasi sprezzante, di diniego e di rifiuto.

Chiaramente l’approccio migliore da adottare è il secondo, quello pro-attivo, che consente di avere un’idea quanto più realistica e oggettiva del fenomeno che si sta vivendo, senza farsi prendere dal panico o da allarmismi inutili ed eccessivi.
Il problema è che quanto accaduto ci ha messi tutti, almeno in una fase iniziale, in uno stato di shock che inevitabilmente provoca una sensazione di impotenza dalla quale non è facile uscire.

Di fronte a ciò che è inatteso e sconosciuto l’uomo reagisce inizialmente con paura, poi cerca di adeguarsi con una forma di adattamento simile a quella animale, finché subentra una sorta di resistenza per sopravvivere.

Dunque, sebbene vi sembri di reagire, può darsi che inconsciamente stiate sviluppando una forma di adattamento troppo passivo, che vi fa reprimere la rabbia per quanto sta accadendo e che non vi consenta di riprendere in mano le redini della vostra vita.

Dovete individuare quale è stata la vostra reazione alla pandemia, quali effetti ha avuto su di voi, quali difficoltà e limiti avete incontrato. Se ripercorrete gli eventi della vostra vita troverete sicuramente qualcosa di analogo al quale avete reagito in un determinato modo, che vi darà la misura di ciò che siete soliti fare davanti a uno shock come un lutto, una separazione o la perdita del lavoro. Sebbene questa vi possa sembrare una situazione diversa, vivere una pandemia ha in comune con questi eventi il fatto di doverli subire indipendentemente dalla nostra volontà e dunque la domanda da porsi riguardo al nostro comportamento è: “cosa faccio quando devo subire una condizione che non dipende da me?”.
Sulla base della vostra risposta potreste cominciare a vedere cosa non va e pensare di rimodulare la reazione, così che anche una situazione spiacevole come quella che stiamo vivendo possa diventare un’opportunità per cambiare l’atteggiamento alla vita in genere.

La prima cosa da fare è sicuramente quella di interrompere il flusso di pensieri che conduce al catastrofismo e a riportare la mente sui dati di realtà e al momento presente, cogliendo forse come non avete mai fatto prima, l’attimo. Ovvero iniziare ad osservare quello che c’è in questo momento e non quello che ancora non c’è. Se per esempio temete di perdere il vostro lavoro in futuro o di ridurre il vostro introito economico, iniziate a vedere che cosa avete ancora e come sfruttare al meglio le possibilità che il vostro impiego vi offre, magari approfittando per proporre una nuova iniziativa, migliorare i rapporti con i colleghi cercando di fare un lavoro di squadra, farvi aiutare da qualcuno o essergli di supporto per preparare il terreno allo sviluppo di un piano lavorativo diverso quando potrete riprendere le modalità precedenti.
Inoltre potreste notare i vantaggi delle nuove direttive imposte sul lavoro. Magari potreste scoprire che siete capaci di lavorare in autonomia meglio di quanto non credevate oppure, viceversa, a chiedere ai vostri colleghi di collaborare.

Insomma da ogni situazione anche grave come quella di una pandemia, potremmo cogliere dei risvolti positivi e apprendere ad avere una prospettiva esistenziale produttiva per affrontare meglio anche quello che ci attende in futuro.
Modificare la propria visione di vita non è facile, perciò può essere utile in un momento come questo chiedere aiuto a un professionista.

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